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Rimuginare: come smettere

Rimuginare troppo: perché lo facciamo e come smettere

Spesso ci si trova intrappolati nei propri stessi pensieri, incapaci di interrompere un flusso mentale continuo e logorante.

Rimuginare eccessivamente può apparire come una strategia utile per risolvere i problemi; tuttavia, si tratta in realtà di un circolo vizioso che amplifica ansia, stress e senso di impotenza.


Comprendere i meccanismi psicologici alla base di questo fenomeno rappresenta il primo passo per interromperlo in maniera consapevole ed efficace.

Cosa si intende per rimuginio?

Il termine rimuginio mentale (indicato in psicologia anche come ruminazione cognitiva) definisce un’attività di pensiero ripetitiva, ricorsiva e non orientata all’azione. Chi rimugina tende a rivivere costantemente eventi negativi passati oppure anticipa scenari futuri caratterizzati da una sensazione di minaccia

Non si tratta di una riflessione consapevole, ma di un meccanismo automatico.

Rimuginio e stile di pensiero ruminativo

In psicologia clinica si utilizza l’espressione “stile ruminativo” per indicare una modalità abituale con cui un individuo affronta emozioni e situazioni stressanti.

 Tale stile cognitivo è frequentemente associato a disturbi di tipo depressivo e ansioso. Le persone con uno stile ruminativo tendono infatti a focalizzarsi prevalentemente sulle cause e sulle conseguenze negative di un evento, piuttosto che sulle possibili soluzioni.

Secondo il modello metacognitivo di Wells, il rimuginio viene mantenuto dalla convinzione erronea che pensare insistentemente possa prevenire situazioni negative o facilitare il controllo delle emozioni. In realtà, l’effetto è opposto: il pensiero ruminativo aumenta l’attivazione emotiva e ostacola la capacità di attuare strategie efficaci di problem solving.

Rimuginare vs preoccupazione

Sebbene i due termini vengano spesso utilizzati in modo intercambiabile, è opportuno distinguere il rimuginio dalla preoccupazione.

  • Il rimuginio è prevalentemente orientato al passato (“perché è successo?”).
  • La preoccupazione riguarda soprattutto il futuro (“e se succedesse?”).

 Entrambe queste modalità cognitive sono disfunzionali, ma possono richiedere strategie differenti per essere interrotte efficacemente.

Cosa indica la ruminazione

Quali sono le cause del rimuginio mentale? Comprendere le cause alla base del rimuginio cronico è essenziale per intervenire in maniera mirata ed efficace. Numerosi fattori, sia di natura cognitiva sia di tipo emotivo, concorrono alla sua origine e al suo mantenimento.

Cosa indica la ruminazione? Il bisogno di controllo e l’intolleranza dell’incertezza

Uno dei principali motivi per cui si tende a rimuginare è la difficoltà nel tollerare l’incertezza. Le persone che presentano un’intolleranza all’incertezza utilizzano il pensiero ruminativo come strategia per ottenere sicurezza e senso di controllo.

Tuttavia, poiché la mente umana non può fornire risposte certe in situazioni complesse o imprevedibili, il ciclo di pensiero tende a non trovare mai una reale conclusione.
Questa intolleranza si sviluppa frequentemente in contesti familiari rigidi, nei quali l’errore o l’imprevisto erano percepiti come eventi pericolosi da evitare a ogni costo.

Fattori cognitivi: perchè si continua a rimuginare

Chi tende a rimuginare frequentemente manifesta tipiche distorsioni cognitive, tra cui:

  • Generalizzazione eccessiva (trarre conclusioni globali a partire da un singolo evento negativo)
  • Pensiero dicotomico (ragionamento del tipo “tutto o niente”)
  • Focalizzazione selettiva sugli aspetti negativi

Inoltre, molte persone sviluppano credenze disfunzionali riguardo al rimuginio stesso, come ad esempio, alcune persone sviluppano la convinzione che interrompere il rimuginio possa comportare conseguenze negative, oppure che mantenere un pensiero costante e continuo sia indispensabile per prevenire eventuali errori o difficoltà future. Tali convinzioni mantengono attivo il ciclo del pensiero ripetitivo.

Rimuginare troppo: conseguenze emotive e relazionali

Il rimuginio mentale cronico non comporta soltanto conseguenze psicologiche individuali, ma ha un impatto significativo anche sulle relazioni interpersonali. 

Chi rimugina frequentemente tende a isolarsi, a rimandare le decisioni e risulta spesso meno presente nei rapporti con gli altri.

In alcuni casi, il rimuginio può trasformarsi in una forma di evitamento emotivo: piuttosto che affrontare direttamente il dolore, la persona rimane intrappolata nei propri pensieri, cercando spiegazioni logiche. Questo compromette il naturale processo di elaborazione emotiva degli eventi.

Come posso interrompere il rimuginio

Rompere il ciclo del rimuginio mentale è possibile, ma richiede pratica costante e consapevolezza. Non si tratta semplicemente di “smettere di pensare”, ma di modificare consapevolmente il proprio modo di pensare, orientandosi maggiormente verso il presente e l’azione.

Consapevolezza metacognitiva contro il pensiero ruminativo

Il primo passo consiste nello sviluppare la consapevolezza metacognitiva, ovvero la capacità di osservare i propri pensieri senza identificarsi con essi.

Questo implica riconoscere che si sta rimuginando e notare come tali pensieri influenzano l’umore e lo stato del proprio corpo.
La mindfulness, o consapevolezza non giudicante, rappresenta uno strumento particolarmente efficace in tal senso. Studi clinici evidenziano che una pratica regolare della mindfulness riduce significativamente la tendenza al rimuginio.

Strategie comportamentali e cognitive per smettere di rimuginare

Per interrompere concretamente il rimuginio è utile ricorrere a una combinazione di tecniche comportamentali e cognitive:

  • Scrivere i pensieri ricorrenti: riportarli su carta aiuta a osservarli con maggiore distacco, riducendo così l’identificazione con essi.
  • Programmare un “tempo dedicato al rimuginio”: fissare circa 15 minuti al giorno in cui ci si concede di pensare liberamente a ciò che affolla la mente.
  • Utilizzare il metodo delle tre colonne (evento → pensiero → emozione) per analizzare in modo distaccato il contenuto dei pensieri.
  • Praticare attività corporee come sport, camminate, yoga o altre forme di movimento, utili per disinnescare l’iperattività mentale.
  • Esporsi gradualmente all’incertezza attraverso piccoli esercizi per imparare a tollerare il dubbio senza cercare immediate rassicurazioni.
  • Dare spazio alla pratica della gratitudine, focalizzando intenzionalmente l’attenzione sugli aspetti positivi, anche minimi, per riequilibrare il pensiero.

Terapie psicologiche contro il rimuginio

Quando il rimuginio interferisce significativamente con il benessere quotidiano, può risultare utile intraprendere un percorso terapeutico specifico. Tra gli approcci più efficaci vi sono:

  • La Terapia Cognitivo Comportamentale (CBT), finalizzata a identificare e modificare pensieri disfunzionali.
  • La Terapia Metacognitiva (MCT), specificamente orientata a interrompere il processo ruminativo.
  • L’Acceptance and Commitment Therapy (ACT), che favorisce l’accettazione dei pensieri indesiderati e il focus sui propri valori personali.
  • La Desensibilizzazione e rielaborazione tramite movimenti oculari (EMDR), utile soprattutto quando il rimuginio è collegato a traumi non elaborati.

Intervenire non significa eliminare completamente i pensieri, ma modificare il rapporto che si ha con essi, smettendo di considerare veri o utili soltanto perché insistenti.
Il rimuginio eccessivo non costituisce un difetto personale, bensì una modalità mentale che può essere compresa e trasformata. Quando si interrompe il flusso ripetitivo del pensiero, si crea spazio per nuove esperienze, per decisioni più chiare e per relazioni interpersonali più autentiche.Apprendere come gestire il rimuginio significa tornare al presente, accettare ciò che non si può controllare e scegliere consapevolmente come rispondere invece di reagire automaticamente. Attraverso l’utilizzo di adeguati strumenti psicologici e un approccio graduale, è possibile ritrovare quella leggerezza mentale che troppo spesso si tende a considerare ormai perduta.